Io sono io. Piccole storie per diventare grandi (anche ad uso dei genitori)
Da quando si ha un figlio piccolo che inizia a chiamarci “mamma”/”babbo” e ad aggirarsi per casa con intenzioni imperscrutabili, si vorrebbe gettare un ponte di reciproca comprensione tra il nostro essere adulti e quel piccolo marziano.
Ci viene in aiuto, come una specie di poetico chiarimento tra i due mondi, “Che cos’è un bambino”, albo illustrato di Beatrice Alemagna (premio Andersen Migliore Illustratore 2010) per Topipittori. Una sequenza di volti, sguardi, umori, atteggiamenti che molto ci raccontano di quel pianeta “esotico”, ma anche del nostro, così diverso, accennato tra le righe. Dal gioco delle differenze nasce l’identità dei piccoli, che reclamano di poter essere quello che sono in ogni momento, ma anche il loro desiderio e il timore di diventare grandi.
Si parla di qualcosa di simile in due albi illustrati dell’editore francese Memo: mi hanno colpito, oltre alla meravigliosa veste grafica e cartotecnica dei libri di Memo (propria del loro intero catalogo), il linguaggio visivo così originale e raffinato dei due autori-illustratori francesi, Anne Crausaz e Olivier Douzou, e la differente lettura che danno del percorso più o meno impervio che deve compiere ogni bambino verso la consapevolezza di sé. Si tratta di “Raymond rêve” e di “Nimbo”.
Raymond la chiocciola gioca a trasformarsi, immagina di assumere sembianze buffe, inquietanti, stravaganti, aliene. Con il sorriso stampato e lo sguardo sicuro si avventura nei panni altrui, si intrufola tra forme, colori che non sono suoi… Alla fine di questo viaggio scopre di essere nientemeno che una meravigliosa chiocciola e che il proprio abito le va a pennello. E per giunta incontra la sua bella compagna che lo fa innamorare. Raymond trova nel proprio immaginario la chiave per capire che nei propri panni si sta bene.
Anche Nimbo, la piccola nuvola del racconto di Douzou, affronta l’impegnativo viaggio in cerca di un proprio posto nel mondo, e di nuovo vorrebbe trovare se stesso negli altri: resta impigliato in un ramo per farsi amico l’albero, corre accanto al pupazzo di neve, cerca l’amicizia della luna, per constatare infine che nulla e nessuno è per sempre, e che il suo stesso destino non è quello di restare ma di trasformarsi e di volare via… come le altre grandi nuvole, come tutti, concedendosi riposo e tranquillità durante il viaggio, nelle piccole radure che di tanto in tanto lo accoglieranno… Più sofferta, più difficile di quella di Raymond, la strada di Nimbo ci dice che crescere non è una passeggiata e ci si può ferire. Nimbo lancia fulmini di rabbia, entra piccolo nel racconto, inizia a giocare, ma poi impara in fretta e si fa adulto, quasi quasi parla agli adulti, nello spazio di qualche pagina.
Belli belli entrambi, non c’è che dire… Mi lasciano con l’interrogativo di quali siano le parole migliori per raccontare ai bambini…
Ma, per dirla come il bambino con gli occhiali e la farfalla sul naso del meraviglioso albo di Beatrice Alemagna: “Ma che importa pensarci adesso?”
p.s.: segnalo “Io”, editore Aliberti, del bravo Philip Waechter, che non vuole spiegazioni, ma che può stare facilmente in ogni tasca e in ogni testa. E anche “C’era tante volte una foresta” di Elisa Géhin, editore La Nuova Frontiera, piccola ed efficace parabola su corone uccelli alberi e cappelli, ma soprattutto sull’essere diversi o uguali…